La storia di Maria Laura BELLINI

Maria Laura Bellini nasce il 16 novembre 1928 a Portoferrario in provincia di Livorno, da Angelo e Maria De Stefani.
La famiglia si compone di altri cinque figli e Maria Laura concorre giornalmente, dopo il lavoro, ad assistere i fratelli minori.
Il padre Angelo, vecchio squadrista della Marcia su Roma, ha aderito tra i primi al rinato fascismo repubblicano ed è milite nella locale 7° Brigata Nera “Bruno Ponzecchi” creata per difendere la federazione dagli attacchi della neonata resistenza.
Proprio per proteggere i militi e le loro famiglie, i fascisti vengono trasferiti in abitazioni poste all’interno della cerchia dei posti di blocco posizionati ai confini della città, e così i Bellini si trasferiscono con altre famiglie di squadristi nello stabile dell’ex Gruppo Rionale “Silvio Lombardi”, ove attualmente è ubicato il noto Circolo Ricreativo del Piazzo. Maria Laura pur essendo ricordata dai figli degli altri squadristi come compagna di giochi, ormai ha compiuto 16 anni e passa parte del suo tempo ad assistere i feriti repubblicani, ricoverati all’Ospedale di Biella.
Questa doveva essere una sorta di attività volontaria suggerita ai figli dei militi fascisti.
Mia madre, anche lei figlia di uno squadrista, mi raccontava che si era recata più volte al capezzale di un ragazzo ferito nel corso di uno scontro.
Il ragazzo straparlava nel delirio e, stringendole forte la mano, si rivolgeva a chiunque si avvicinasse al suo giaciglio, gridando : “Sei di Monte Mario?”
Poi fortunatamente ricadeva nell’incoscienza e nell’oblio e pochi giorni dopo il ragazzo moriva.
Mia madre ne conservò un ricordo indelebile e straziante.
Maria Laura fu anche madrina nella consegna del gagliardetto alla Brigata Nera, in una cerimonia pubblica, nel piazzale della Casa dell’Opera Balilla, l’attuale sede della Biblioteca Civica. Le foto la ritraggono mentre porge il gagliardetto a padre Leandro San Giorgio per la benedizione, per poi consegnarlo al Segretario Federale Antonio Giraudi, entrambi trucidati pochi mesi appresso, dopo la resa.
Il padre si riconosce fra i militi della sparuta Brigata Nera, in gran parte composta da uomini avanti con gli anni o imberbi adolescenti.
Probabilmente la presenza a questa cerimonia fu fatale alla povera ragazza.
Maria Laura aveva però intrecciato un’innocente relazione con un milite della Legione “Pontida” della Guardia Nazionale Repubblicana, di stanza al presidio del Favaro.
Questo era ubicato in una delle ville che ancora oggi costeggiano il “girone”, il luogo dove il trenino che conduceva ad Oropa compiva un giro su se stesso per elevarsi di livello.
Il ragazzo si chiamava Remo Alberti, classe 1924 e filava da qualche tempo con Maria Laura, che nei momenti di libertà saliva in tram fino al Favaro per trascorrere qualche ora in sua compagnia.
In queste brevi puntate l’accompagnava un’amica, tale Gina Perazza di Tollegno, che amoreggiava da poco con un altro milite dello stesso reparto, Mario Bernio di Cremona.
Le testimonianze dei due giovani, riportate negli interrogatori dei carabinieri, ci illustrano chiaramente la situazione delle due coppie.
Mentre Remo coltiva il suo affetto sincero per Maria Laura, alcuni dubbi cominciano a sorgere nei confronti dell’amica, che si lascia sfuggire alcune espressioni di solidarietà con il mondo partigiano.
Che sia per questa o per altra ragione Mario decide di lasciare Gina proprio il giorno 14 gennaio 1945, in occasione di uno di questi appuntamenti nei pressi del Favaro, al termine del quale le due amiche vengono riaccompagnate al tram dal solo Remo che sale con loro alla fermata della “Prussiana” ( la curva a gomito al termine del paese che precede la cava del “girone”), per scendere poco dopo al centro del paese.
I tre si salutano, Remo e Maria Laura si abbracciano ed il tram prosegue la sua corsa verso valle.

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